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CANCRO E ALIMENTAZIONE: SI O NO ALLA DIETA CHETOGENICA?

La dieta chetogenica (KD) è un regime alimentare caratterizzato da un alto contenuto di grassi, un bassissimo apporto di carboidrati con un adeguato apporto proteico. Questa dieta ha le sue radici nel 1920, quando fu utilizzata inizialmente per trattare le forme di epilessia resistenti ai farmaci. La limitazione dei carboidrati nell’alimentazione induce uno stato di chetosi nell’organismo il che costringe il corpo a passare da un metabolismo glucidico a quello lipidico. Ricerche recenti hanno proposto l’utilizzo della dieta chetogenica nei malati oncologici, sfruttando il metabolismo riprogrammato delle cellule tumorali. Le differenze fondamentali tra il metabolismo delle cellule sane e quello delle cellule cancerogene vengono utilizzate già in molte terapie antitumorali. Secondo alcuni dati presenti in letteratura, questa strategia alimentare potrebbe avere il potenziale di limitare e rallentare la crescita dei tumori, proteggendo nel contempo le cellule sane dai danni causati dalle terapie convenzionali. Inoltre, sembra poter esercitare un effetto sinergico con i trattamenti in atto, aumentandone l’efficacia complessiva.


Circa un secolo fa, il Premio Nobel Otto H. Warburg osservò che le cellule tumorali hanno un diverso metabolismo rispetto a quelle sane. Le cellule tumorali preferiscono usare la glicolisi per ottenere energia, anche quando c’è ossigeno disponibile, a differenza delle cellule normali che utilizzano la normale respirazione cellulare. Consumando più zucchero, lo stato redox della cellula tumorale è più bilanciato ed i livelli di ROS diminuiti prevenendone l’eventuale danno ossidativo. Considerando questi fattori, è ragionevole supporre che privando l’organismo del glucosio, si possa creare un ambiente metabolico sfavorevole alla proliferazione ed alla sopravvivenza delle cellule tumorali, costituendo così un potenziale alleato nelle terapie oncologiche.

Va notato, tuttavia, che la maggior parte degli studi condotti non coinvolge soggetti umani (circa il 66% degli studi è stato effettuato su topi). I dati disponibili sono relativamente limitati, riguardando principalmente un numero ridotto di pazienti o case report. Inoltre, le diverse varianti di diete chetogeniche testate differiscono notevolmente tra loro, rendendo difficile al momento proporre protocolli universali che possano garantire benefici certi anche in oncologia. C’è da osservare poi che anche se condividono simili assetti metabolici, diverse forme di tumore reagiscono diversamente alla dieta chetogenica.

Partendo da questa premessa, è essenziale valutare attentamente il rapporto rischio-beneficio dell’uso della dieta chetogenica in oncologia. La dieta di un paziente oncologico non dovrebbe in alcun modo compromettere la massa muscolare, poiché questa è correlata alla tollerabilità delle terapie e alla sopravvivenza. Un approccio chetogenico autogestito, privo di una corretta quantità di proteine ed amminoacidi, potrebbe provocare una perdita di massa muscolare controproducente. Inoltre, tra gli effetti collaterali comuni associati alla dieta chetogenica rientrano senso di affaticamento, insonnia, mal di testa, squilibri elettrolitici, nausea e alterazione dell’alvo.

Nonostante alcuni risultati incoraggiati presenti in letteratura, bisogna valutare se sia sensato imporre a un paziente oncologico una dieta così restrittiva. Tale cambiamento drastico delle abitudini alimentari potrebbe aggiungere stress fisico e psicologico a una situazione già emotivamente delicata a causa della diagnosi di tumore. Un percorso di educazione alimentare, integrando fin da subito la consulenza di un nutrizionista nei protocolli oncologici, che si basi sui principi della dieta mediterranea a basso indice glicemico e promuova la salute generale, compreso il benessere intestinale e la gestione dell’infiammazione, sembra rappresentare ancora oggi la scelta dietetica più appropriata.


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Dr.ssa Giulia Verdone – Dietista esperta in nutrizione clinica